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La normativa

ACCOMODAMENTO RAGIONEVOLE – PROFILI GIURIDICI E NORMATIVI

Il quadro normativo che regola gli accomodamenti ragionevoli è molto complesso e variegato, e comprende norme internazionali, europee e nazionali che riguardano non solo gli accomodamenti ragionevoli nello specifico, ma più in generale anche i temi legati all’accessibilità (di tutti i tipi: fisica, digitale, etc), alle discriminazioni, alla mobilità e alle barriere architettoniche, al lavoro, alla previdenza e assistenza, e più in generale tutti gli aspetti relativi all’inclusione sociale delle persone con disabilità.

  • Quadro normativo degli accomodamenti ragionevoli
    • Normativa Internazionale
      • Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
    • Normativa europea
      • Direttiva 2000/78/CE sulle discriminazioni sul posto di lavoro
    • Normativa nazionale
      • Costituzione
      • Legge n. 18/2009 di recepimento della Convenzione ONU
      • Lgs. n. 216/2003 di trasposizione della Direttiva 2000/78/CE
    • Quadro normativo in tema di accessibilità – ed in particolare:
      • Mobilità e barriere architettoniche
      • Accessibilità digitale
    • Quadro normativo in tema di discriminazioni
    • Quadro normativo in tema di lavoro

INTRODUZIONE AGLI ACCOMODAMENTI RAGIONEVOLI

Che cos’è l’ “accomodamento ragionevole”?

Con il termine “accomodamento ragionevole” si intendono tutte quelle misure che vengono adottate da parte del datore di lavoro per permettere alle persone con disabilità di svolgere il proprio lavoro su un piano di parità con tutti gli altri.

La definizione di “accomodamento ragionevole” ci viene data in particolare dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, la quale all’art. 2 definisce gli accomodamenti ragionevoli come “le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”.

Tutti i lavoratori con disabilità hanno diritto a richieder al proprio datore di lavoro un accomodamento ragionevole, che permetta loro di svolgere le proprie mansioni e attività lavorative in autonomia e indipendenza, al pari degli altri lavoratori; allo stesso tempo dunque, tutti i datori di lavoro hanno l’obbligo di fornire ai propri lavoratori accomodamenti ragionevoli, il cui rifiuto costituisce una forma di discriminazione.

Il rifiuto di adottare un accomodamento ragionevole costituisce infatti una discriminazione, come tale perseguibile a livello legale.

Che cosa si intende per “ragionevole” e “proporzionato”?

La normativa non offre una definizione precisa di questi requisiti.

Per quanto riguarda la “ragionevolezza”, qualche indicazione viene fornita dall’ILO (International Labour Organisation) che ha individuato in particolare due caratteristiche principali per determinare la ragionevolezza dell’accomodamento da adottare:

  • l’efficacia delle misure rispetto alla rimozione o mitigazione delle barriere che il lavoratore incontra, tenendo in considerazione la varietà e la diversa natura delle stesse; e
  • il fatto che l’adozione di tali misure non imponga al datore di lavoro degli oneri sproporzionati.

Per quanto riguarda invece la “proporzionalità”, si potrebbe fare riferimento alle seguenti circostanze:

  • La possibilità di attingere a finanziamenti e risorse (queste ultime possono essere economiche, oppure risorse logistiche e strumentali), che possano abbattere i costi; e/o
  • Le sinergie ed economie di scala che gli adattamenti consentono di creare.

Quali sono le caratteristiche generali che deve avere un accomodamento ragionevole?

Alcune delle caratteristiche generali che deve avere un accomodamento ragionevole sono state identificate dalla normativa europea, ed in particolare dalla Direttiva UE n. 2000/78 (cfr. Considerando 21) che ha specificato che l’accomodamento ragionevole “…deve essere:

  • individualizzato;
  • appropriato ed efficace a rimuovere lo svantaggio;
  • rivolto all’accesso, allo svolgimento, alla possibilità di avere una promozione;
  • inerente misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a sistemare il luogo di lavoro sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento.”

Quali incentivi e possibilità di finanziamenti sono previsti per l’adozione di accomodamenti ragionevoli?

Il sistema degli incentivi è disciplinato dagli artt. 13 e 14 della Legge n. 68/1999, così come modificati dal D.Lgs. 151/2015, i quali dispongono in particolare quanto segue:

  • 14 c. 4 lett. b: i fondi regionali erogano i contributi alle aziende per il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie all’adozione di accomodamenti ragionevoli a beneficio di lavoratori la cui capacità lavorativa residua sia inferiore al 50%
  • Il Fondo regionale può essere utilizzato per l’introduzione del telelavoro, l’abbattimento delle barriere architettoniche e l’istituzione del responsabile dell’inserimento lavorativo
  • Erogazione del contributo per i casi in cui l’adozione di soluzioni ragionevoli riguarda situazioni di disabilità GRAVE
  • Supporto a misure di innovazione organizzativa (telelavoro, responsabile per l’inserimento lavorativo dei disabili nei luoghi di lavoro)
  • Il ricorso alle risorse del fondo regionale esclude la sproporzione per il datore di lavoro nell’adozione degli accomodamenti ragionevoli

Per quanto riguarda invece i finanziamenti pubblici per la loro realizzazione concreta, si segnala che l’adozione dell’”accomodamento ragionevole” nel settore privato può godere di due forme di incentivo pubblico, che vanno tenute in considerazione nella valutazione della “proporzione” dell’onere in capo al datore di lavoro (e che, pertanto, vanificano le ragioni sollevate in merito ai costi da sostenere per la realizzazione delle soluzioni ragionevoli):

  • Fondo regionale per l’occupazione (ex art.14, Legge n.68 del 1999) eroga contributi per il rimborso forfettario parziale delle spese necessarie all’adozione di accomodamenti ragionevoli, in favore dei lavoratori con riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, incluso l’apprestamento di tecnologie di telelavoro o la rimozione  delle barriere architettoniche che limitino in qualsiasi modo l’inclusione lavorativa.
  • Fondo INAIL per disabili/inidonei da lavoro (a seguito di infortunio sul lavoro o malattia professionale). Il prestatore di lavoro può presentare domanda per poter ottenere un finanziamento “personalizzato” che, una volta verificata la fattibilità degli interventi (attraverso la valutazione di una apposita commissione dell’INAIL multidisciplinare, supportata dall’azione del datore di lavoro disponibile a porre in essere le azioni necessarie individuate), potrà ammontare ad un costo (massimo) di:
    • 95.000 euro per interventi di abbattimento delle barriere architettoniche: di tipo edilizio, impiantistico  e  domotico nonché i dispositivi finalizzati  all’accessibilità  e  la  fruibilità degli ambienti di lavoro;
    • 40.000 euro per interventi di adattamento delle postazioni di lavoro, che comprendono l’adeguamento di arredi della postazione, ausili e dispositivi tecnologici, informatici o di automazione per la postazione o le attrezzature, compresi i comandi speciali e gli adattamenti di veicoli che  sono strumento di lavoro;
    • 15.000 euro per interventi di formazione a supporto del reinserimento e di addestramento all’utilizzo delle postazioni e delle relative attrezzature di lavoro connessi agli adeguamenti, nonché la riqualificazione professionale per preparare ad altra mansione.
  • Prevista anche la copertura per spese di consulenza tecnica (max 10% sul totale).

Quale tutela in caso di rifiuto di adozione di accomodamenti ragionevoli da parte del datore?

Il lavoratore, a fronte di un licenziamento (anche per giustificato motivo oggettivo), alla luce delle disposizioni normative vigenti e del diritto maturato alla predisposizione di “accomodamenti ragionevoli”, può sostenere in giudizio l’illegittimità del licenziamento non dovendo dimostrare le ragioni a sostegno della sua denuncia, ma di contro, ricadendo sul datore di lavoro l’onere della prova del dimostrare la concreta impossibilità a realizzare alcun intervento di accomodamento ragionevole (in particolare, come suddetto, basando le proprie ragioni sull’eventuale ’onere sproporzionato dovendo tener conto degli ampi e diversificati finanziamenti posti a disposizione, sia da parte delle regioni che dell’INAIL).

Quali interazione ci sono con le previsioni di salute e sicurezza?   

Sulla base di quanto previsto dal DLGS 81 del 2008 s.m., dovranno essere coinvolti per porre in essere “soluzioni ragionevoli” le figure aziendali della prevenzione.

Oltre al datore di lavoro, quale figura centrale di responsabilità e di potere decisionale assoluto (compreso il potere di spesa), saranno chiamati ad intervenire, sulla base degli specifici ruoli :

  • il dirigente, se presente nell’organigramma aziendale (ai sensi dell’art.18, comma 1, lett. c) che dovrà contribuire all’individuazione di soluzioni adeguate, in quanto chiamato all’affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto  delle  capacità  e  delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza;
  • il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), che sulla base del suo ruolo tecnico e di competenza, dovrà essere il principale artefice dell’individuazione dei possibili interventi di “accomodamento”; – il medico competente, che sulla base del suo ruolo specifico, tenendo conto delle alterazioni/menomazioni del prestatore di lavoro, dovrà collaborare, ai sensi dell’art.25, comma 1, lett. a)  con gli altri attori della prevenzione, per giungere a soluzioni ragionevoli;
  • il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS), che anch’esso, sulla base del suo ruolo, dovrà interagire con le altre figure e apportare il suo contributo (in particolare essendo la figura potenzialmente più direttamente in connessione con il prestatore di lavoro) al fine di favorire l’attuazione degli interventi più adeguati e confacenti alle esigenze del soggetto disabile/inidoneo.

NORMATIVA SUGLI ACCOMODAMENTI RAGIONEVOLI

NORMATIVA INTERNAZIONALE

CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

  • Articolo 2 della Convenzione ONU: “Per “accomodamento ragionevole” si intendono le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un carico sproporzionato o eccessivo, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per assicurare alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di eguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”
  • Articolo 5 della Convenzione ONU: “Al fine di promuovere l’uguaglianza ed eliminare le discriminazione, gli Stati Parti adottano tutti i provvedimenti appropriati, per garantire che siano forniti accomodamenti ragionevoli”.
  • Articolo 27 della Convenzione ONU: Si riconosce il diritto al lavoro delle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, ossia il diritto di potersi mantenere attraverso un lavoro liberamente scelto o accettato in un mercato del lavoro e in un ambiente lavorativo aperto, che favorisca l’inclusione e l’accessibilità alle persone con disabilità”. […]
  • 9, 19, 26, 31 della Convenzione ONU; accessibilità, inclusione nella vita attiva, abilitazione, mappatura dati e pratiche

NORMATIVA EUROPEA

  • DIRETTIVA 2000/78/CE DEL CONSIGLIO del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – recepita in Italia con D.lgs n. 216/03 e con il Decreto Giovannini del 2013:
    • Per garantire il rispetto del principio della parità di trattamento dei disabili, sono previste soluzioni ragionevoli.
    • La messa a punto di misure per tenere conto dei bisogni delle persone con disabilità nel luogo di lavoro ha un ruolo importante per contrastare la discriminazione basata sull’handicap
  • CODICE DI BUONE PRASSI PER L’OCCUPAZIONE (Decisione dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento Europeo, 2005)
    • Il lavoro flessibile è richiamato nel Codice quale “ragionevole adeguamento”, in rapporto con le funzioni essenziali di un impiego: “misure adeguate, se del caso, per consentire alla persona con disabilità di accedere, partecipare o avanzare nell’impiego, ovvero di seguire azioni di formazione, senza che ciò comporti un onere sproporzionato per l’Istituzione”
  • STRATEGIA DI LISBONA (2000-2010)
    • Previsione e sviluppo di azioni prioritarie indirizzate a particolari gruppi bersaglio (tra i quali le persone con disabilità) e di nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale
  • STRATEGIA EUROPEA PER LA DISABILITÀ (2010-2020) – Un rinnovato impegno per l’Europa senza barriere
    • “L’azione europea deve permettere un aumento del numero dei lavoratori disabili sul mercato del lavoro aperto, in particolare attraverso l’elaborazione di politiche attive dell’occupazione e il miglioramento dell’accessibilità ai luoghi di lavoro. È necessario inoltre agire in collaborazione con le parti sociali per favorire la mobilità intraprofessionale (anche nei laboratori protetti), incoraggiare il lavoro autonomo e migliorare la qualità del lavoro”

NORMATIVA ITALIANA

  • COSTITUZIONE
    • Costituzione: art. 3,4,35,46 … “la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare nei modi e liiti stabiliti dalla legge, alla gestione delle aziende
  • II PROGRAMMA DI AZIONE BIENNALE PER LA PROMOZIONE DEI DIRITTI E L’INTEGRAZIONE DELLE PERSONE CON DISABILITÀ (G.U. 12-12-17, n. 289)

Capitolo 7 – LINEA DI INTERVENTO 5 – Lavoro e occupazione

  1. PROPOSTE PROGRAMMATICHE

AZIONE 1 – Individuazione di interventi specifici di miglioramento e integrazione

lavorativa.

  • Tipologia di azione: Azione di tipo normativo (Legge delega, decreti delegati, regolamenti)
  • Obiettivo: Aggiornare ed adeguare la normativa per rendere più efficaci gli interventi previsti dalla Legge 68/99 e l’inclusione lavorativa delle persone con  disabilità.
  • Azioni specifiche:
    • Omissis
    • d) rendere adeguati i finanziamenti del Fondo nazionale in base all’esito del monitoraggio di cui all’art. 13, comma 10, della L 68/99;
    • e) rendere automatico ed integrale il ricorso a forme di finanziamento pubblico per interventi e tecnologia assistiva ad  alto contenuto  tecnologico, anche con riferimento all’abbattimento delle barriere  architettoniche, con il supporto delle Regioni e delle Istituzioni competenti.  A questo fine, semplificare le procedure, rendendo disponibili le risorse  senza oneri e complessità burocratiche e garantendo una maggiore  fruibilità dei servizi;
    • Omissis
    • g) definire misure di sostegno e un sistema di incentivi per la contrattazione di primo e secondo livello in materia di flessibilità  e conciliazione dei tempi di vita-cura-lavoro per le persone con  disabilità o malattie gravi e croniche progressive, o lavoratori  caregiver di persone con gravi disabilità;
    • h) estendere il diritto al part-time a tutti i lavoratori con handicap in condizione di gravità già previsto per i lavoratori  affetti da patologie oncologiche nonché da gravi patologie  cronico-degenerative ingravescenti, per i quali residui una  ridotta capacità lavorativa, eventualmente anche a causa  degli effetti invalidanti di terapie salvavita;
    • i) agevolare il ricorso allo “smart-working” (lavoro agile) per le persone con disabilità garantendo che venga applicato in  modo volontario ed in forma parziale rispetto all’orario di lavoro  ed assicurando una piena inclusione nel contesto  organizzativo;
  • LEGGI
    • Legge 104: art. 18 …”sono metodi di inserimento e integrazione sociale della persona con handicap le misure atte a favorire la piena integrazione nel mondo del lavoro anche attraverso incentivi diversificati”. Impegno delle Regioni per recarsi al lavoro e fornire incentivi contributi ed agevolazioni ai datori di lavoro per le assunzioni di persone con handicap anche ai fini dell’adattamento del posto di lavoro
    • Legge 328/00, art. 14
    • Legge 68/99, art. 2
    • Lgs 81/08, art. 42: adeguamento mansioni alle condizioni della persona
    • Lgs. 216 del 2003, di attuazione della Direttiva europea 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro
      • Introduce il concetto di discriminazione diretta e indiretta:
        • Diretta: quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in situazione analoga;
        • Indiretta: quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone di una determinata razza od origine etnica in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.
      • Prevede un onere della prova in capo al datore di lavoro che deve dimostrare di non aver effettuato discriminazioni o di aver fatto tutto il possibile per evitarle/rimuoverle
      • Prevede la tutela giudiziale delle vittime di discriminazione e la legittimazione ad agire per Sindacati, associazioni e altre organizzazioni rappresentative del diritto o dell’interesse leso
    • DL 76/2013 (c.d. Decreto Giovannini), art. 4 ter
      • Prevede l’obbligo di adozione da parte dei datori di lavoro di accomodamenti ragionevoli nell’ambiente di lavoro (a seguito della condanna da parte della Corte Europea di Giustizia che condannò l’Italia per non aver recepito le disposizioni della direttiva CE 78/2000 in materia di “ACCOMODAMENTO RAGIONEVOLE” (mancato recepimento art. 5 direttiva; insufficienza sistema normativo nazionale e regionale: ad es. la L. 68 non conferisce ai disabili giudizi invocabili in giudizio…” à Strasburgo – luglio 2013)
      • Come il D.L n. 216/2003, traspone la direttiva n. 2000/78, riformando l’art. 15 dello Statuto dei lavoratori (Statuto dei lavoratori) del 1970, che già vietava al datore di lavoro di compiere qualsiasi azione discriminatoria fondata su ragioni politiche, religiose, razziali, linguistiche o di sesso, oltre a proibire la condotta antisindacale.
      • Il testo originale del decreto n. 216/2003 aveva omesso di recepire le disposizioni dell’art. 5 della direttiva 2000/78 relativamente all’obbligo per il datore di lavoro di adottare «soluzioni ragionevoli» per le persone  disabili
      • Il decreto è stato modificato nel 2013, in seguito a una procedura di infrazione proposta dalla Commissione europea e dalla seguente decisione della CGUE, con l’introduzione per i datori di lavoro del  suddetto obbligo, in conformità anche con la Convenzione delle  Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
    • Legge 81/2017 (in tema di lavoro agile, cd. SMARTWORKING), art. 18, c. 1.

DISABILITA’ DA LAVORO E ACCOMODAMENTI RAGIONEVOLI

  • Legge 190/2014 (legge di stabilità 2015), art. 1 comma 166:
    • L’Inail ha competenza in materia di reinserimento e di integrazione lavorativa delle persone con disabilità da  lavoro, da realizzare con progetti personalizzati mirati alla  conservazione del posto di lavoro o alla ricerca di nuova  occupazione, con interventi formativi di riqualificazione  professionale, con progetti per il superamento e per  l’abbattimento delle barriere architettoniche sui luoghi di  lavoro, con interventi di adeguamento e di adattamento  delle postazioni di
    • L’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma è a carico del bilancio dell’INAIL, senza nuovi o maggiori oneri  per la finanza pubblica.
  • Regolamento Inail per il reinserimento e l’integrazione lavorativa delle persone con disabilità da lavoro (det. 11  luglio 2016, n. 258):
    • Tipologie di interventi atti a consentire la conservazione del posto di lavoro (art.4)
    • Progetto di reinserimento lavorativo personalizzato e piano esecutivo (art.6)
    • Procedura amministrativa per ottenere il finanziamento dei costi che il datore di lavoro deve sostenere per realizzare il progetto (art.7 e ss.)
    • Accomodamenti ragionevoli: superamento e abbattimento di barriere architettoniche, adeguamento e adattamento postazioni di lavoro, addestramento all’uso delle attrezzature da lavoro, formazione e tutoraggio, riqualificazione per l’adibizione ad altre mansioni.
    • Ambito applicazione: iscritti all’Inail
  • Delibera Inail n. 2/2017 e Circ. n. 30/2017:
    • Il datore di lavoro – che intenda assumere un disabile in conseguenza di infortunio sul lavoro o di tecnopatia, con  riconosciuti danni permanenti, che sia alla ricerca di  occupazione o che sia iscritto nelle liste di cui alla legge 12  marzo 1999, n. 68 e s.m.i. – può richiedere all’INAIL di avviare il  percorso di definizione del Progetto di Reinserimento Lavorativo  Personalizzato (PRLP) ai fini del rimborso degli oneri connessi con  gli accomodamenti ragionevoli, in conformità a quanto previsto  dal vigente Regolamento per il reinserimento e l’integrazione  delle persone con disabilità da lavoro;
    • La formalizzazione da parte dello stesso datore di lavoro di voler assumere, anche con decorrenza temporale differita, il disabile  da lavoro è condizione vincolante;
    • Il rimborso degli oneri – così come normati dal citato Regolamento – necessari per la realizzazione degli interventi, sarà  effettuato da parte dell’INAIL solo dopo l’assunzione del

DISCRIMINAZIONE

INTRODUZIONE ALLE DISCRIMINAZIONI SUL LAVORO

Come nasce la normativa antidiscriminatoria?

La normativa anti-discriminatoria deriva dall’obbligo di recepire ed applicare nell’ordinamento interno il diritto dell’Unione europea, ed in particolare della Direttiva 2000/78/CE per quanto riguarda in particolare le discriminazioni verificatesi nell’ambito lavorativo.

Ne consegue che la persona potrà avvalersene quando la sua situazione ricade nella definizione di disabilità, così come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in applicazione della direttiva 2000/78. Questo indipendentemente se la disabilità venga certificata in base ad altre normative interne in materia di accesso all’occupazione, sicurezza sociale o altro (ad es. L. n. 68/1999 o L. n. 104/92).

Quali possono essere i casi di discriminazione sul lavoro?

In generale, i casi di discriminazione nel mondo del lavoro sono molteplici:

  • nella fase di ricerca del lavoro, dove si verifica l’assenza di Servizi di accompagnamento e di operatori qualificati;
  • nella fase di selezione, non solo quando si è in presenza di autocandidature, ma anche da parte di alcuni Centri per l’impiego che sembrano optare per l’inserimento di persone con patologie maggiormente “stabilizzate” escludendo chi ha patologie progressive e le persone con disabilità psichica e intellettiva;
  • nello svolgimento di concorsi pubblici, dove si evidenziano, per esempio, ancora errori grossolani nell’utilizzo di ausili per lo svolgimento delle prove e modalità concorsuali inadeguate per le persone con disabilità intellettiva.

Numerosi sono poi gli episodi di discriminazioni durante lo svolgimento del rapporto di lavoro. Ad esempio:

  • discriminazioni nella retribuzione (premi di produttività legati alla presenza al lavoro e non agli obbiettivi raggiunti)
  • nella progressione di carriera, correlate ad esempio al fatto che utilizzano i permessi della L. 104 e le altre agevolazioni previste dalla vigente normativa a tutela della disabilità (es: esonero dal lavoro notturno)
  • discriminazioni nella scelta della sede e nei trasferimenti ex L. 104
  • licenziamenti discriminatori
  • mobbing

Qual è la normativa in materia per le discriminazioni in ambito lavorativo?

La discriminazione in ambito lavorativo è disciplinata da varie fonti normative:

  • Normativa INTERNAZIONALE:
    • Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità
  • Normativa EUROPEA:
    • Trattati Europei e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE
    • Direttiva CE n. 2000/78/CE in tema di discriminazioni sul luogo di lavoro (cd. Direttiva “OCCUPAZIONE”)
  • Normativa NAZIONALE:
    • Costituzione
    • Le normative quadro e di settore in materia di integrazione sociale ed inserimento lavorativo delle persone con disabilità (L.104/1992 e L. 68/1999)
    • Statuto dei lavoratori (l. 300/1970)
    • Lgs. 216/2003, che ha recepito la Direttiva CE n. 2000/78/CE in tema di discriminazioni sul luogo di lavoro

In particolare, le ipotesi di discriminazione, diretta o indiretta, in ambito lavorativo, sono previste e tutelate:

  • a livello europeo, dagli artt. 9 e 10 della Direttiva 2000/78/CE (“Direttiva per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”); e
  • in Italia, dall’art. 4 D.Lgs. 216/2003, che ha recepito tale Direttiva nel nostro ordinamento e che richiama a sua volta il D.Lgs. 150/2011 per quanto riguarda la tutela giudiziaria.

Obbiettivo comune di tali norme è quello di assicurare e facilitare la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni.

Quando si verifica la discriminazione e come si concretizza il comportamento discriminatorio?

La discriminazione può in generale toccare qualsiasi fase del rapporto di lavoro – riportiamo qui di seguito qualche esempio relativo ad ogni possibile fase:

  • Fase di ricerca
    • Assenza di Servizi di accompagnamento e operatori qualificati
  • Fase di selezione
    • Auto-candidature
    • Centri per l’impiego → possono optare per l’inserimento di persone con patologie maggiormente “stabilizzate”, escludendo chi ha patologie progressive e/o disabilità di tipo psichico / intellettivo.
  • Svolgimento dei concorsi pubblici
    • Mancata adozione ausili appropriati nell’esercizio del concorso per lo svolgimento delle prove
    • La nozione di discriminazione ha carattere oggettivo: il nostro legislatore ha infatti scelto di considerare realizzata la discriminazione vietata anche per il solo fatto dell’esistenza di un effetto differenziato sulle persone con disabilità, senza che assuma rilevanza la reale intenzione di differenziare (cfr Tribunale Reggio Emilia 7.10.2011 e Tribunale Pavia 19.9.2009)

Importante notare che il principio di non discriminazione si differenzia dal principio di eguaglianza in quanto mira a reprimere ipotesi di disparità legate a specifici motivi vietati, e non, invece, a favorire l’applicazione di trattamenti uguali tra i/le lavoratori/lavoratrici.

Quali sono le diverse tipologie di discriminazioni?

Le diverse tipologie di discriminazioni sono le seguenti:

  • Discriminazione DIRETTA: Quando, a causa della disabilità (o altra condizione di svantaggio sociale), una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia stata o sarebbe stata trattata un’altra in una situazione analoga. Consiste anche nell’ordine di discriminare una persona a causa della disabilità (o altra condizione di svantaggio sociale).
  • Discriminazione INDIRETTA: Quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone con disabilità (o altra condizione di svantaggio sociale) in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone.
  • Discriminazione COLLETTIVA: Quando riguarda una pluralità di soggetti e non sono individuabili in modo diretto ed immediato le persone lese dalla discriminazione.
  • Molestia: Comportamenti indesiderati posti in essere per motivi legati alla disabilità (o altra condizione di svantaggio sociale), aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante ed offensivo
  • Discriminazione MULTIPLA: Basata su più fattori di discriminazione (es: genere + disabilità). Se ne sta cominciando a parlare ora per quanto riguarda le donne con disabilità, ma ancora acerbamente. La Convenzione ONU ne parla espressamente all’art. 6 (“Donne con disabilità”) e 7 (“Bambini con disabilità”).

Qual è la differenza tra discriminazione DIRETTA e discriminazione INDIRETTA?

  • Si fa riferimento alla discriminazione diretta:
    «quando (…) una persona (con disabilità) è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga»(d. lgs. 216/2003 art. 2, 1° co., lett. a),
    Per esempio: non assegnare un lavoratore a mansioni superiori perché fruisce dei permessi della legge 104/1992 per assistere un familiare con handicap con connotazione di gravità.
  • Si fa, invece, riferimento alla discriminazioneindiretta:
    «quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone (con disabilità) in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone» (d. lgs. 216/2003 art. 2, 1° co., lett. b).
    Per esempio: stabilire un premio di produttività che si basi esclusivamente sul numero di giornate di presenza sul luogo di lavoro.

 

Qual’è la fattispecie degli atti oggetto di divieto di discriminazione?

Per “atto discriminatorio” si intende un concreto comportamento del datore di lavoro volto ad applicare a singoli lavoratori o gruppi di essi condizioni di lavoro diverse in ragione delle caratteristiche o delle opinioni degli stessi.

Gli atti discriminatori possono nella sostanza estrinsecarsi per es. nei seguenti:

  • Mancata assunzione
  • Regimi contributivi e retribuzione (inclusi premi di produttività legati alla presenza al lavoro e non agli obbiettivi raggiunti) meno favorevoli
  • Assegnazione di mansioni e qualifiche – in particolare: mancato adeguamento della mansione
  • Trasferimenti e scelta di sede
  • Mancata progressione di carriera
  • Licenziamenti
  • Ordine di discriminazione
  • Mancata adozione di un accomodamento ragionevole
  • Mobbing / Straining

A chi si applica la normativa antidiscriminatoria?

La normativa antidiscriminatoria si applica ai seguenti soggetti:

  • Lavoratori con disabilità – qualora però la situazione della persona in questione ricade nella definizione di disabilità, così come interpretata dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea, in applicazione della direttiva 2000/78.
    • Per la CGUE, il lavoratore con «disabilità» è colui che è portatore di
      • (i) una limitazione, risultante in particolare da
      • (ii) menomazioni fisiche, mentali o intellettive
      • (iii) durature che, in
      • (iv)interazione con barriere di diversa natura,
      • (v) possono ostacolare in maniera sostanziale la sua piena ed effettiva partecipazione alla vita professionale
      • (vi) su base di uguaglianza con gli altri lavoratori.
    • E’ onere del lavorate provare la «disabilità»
    • Autonoma definizione ai fini della tutela anti-discriminatoria. Definizione di «disabilità» prescinde dal riconoscimento ai sensi delle normative nazionali previdenziali.
  • Lavoratori non disabili che vengono discriminati a causa della disabilità delle persone con cui entrano in relazione (è quanto è stato stabilito dalla sentenza della Corte Giustizia CE 17.7.2008 – Caso Coleman)

Come si attua la tutela di una persona con disabilità che venga discriminata sul lavoro?

La persona con disabilità che subisca discriminazione in ambito lavorativo nel tutelarsi può beneficiare di un procedimento speciale, il cd. procedimento antidiscriminatorio, disciplinato dall’art. 28 del D.Lgs. n. 150/2011.

Tale procedimento si svolge secondo il rito sommario di cognizione, ma inserisce alcune previsioni specifiche che adeguano il rito alle peculiarità delle azioni anti-discriminatorie:

  • Il rito è particolarmente snello e veloce.
  • La competenza è sempre del tribunale del luogo in cui il ricorrente ha il domicilio.
  • L’onere della prova è agevolato e invertito – dovrà infatti essere il datore di lavoro a fornire la prova di non aver discriminato il lavoratore, il quale potrà invece limitarsi ad allegare dati statistici, senza dover fornire prove concrete dell’avvenuta discriminazione.
    • L’art. 28 del D.Lgs. 150/2011 prevede infatti che: “quando il ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione
  • Nel giudizio di primo grado, le parti possono stare in giudizio personalmente, senza essere necessariamente assistiti da un avvocato.

Come si svolge il procedimento anti-discriminatorio nella pratica?

Riportiamo qui di seguito alcuni passaggi e caratteristiche salienti del procedimento antidiscriminatorio:

  • Il lavoratore che ritenga di aver subito una discriminazione può ricorrere, col rito sommario, al Tribunale del luogo in cui ha il proprio domicilio, depositando un ricorso presso la Cancelleria, in cui sono esposte le ragioni in fatto e in diritto sottese al comportamento denunciato.
  • In primo grado, la vittima può stare in giudizio da solo e può anche conferire mandato ad agire alle Associazioni e agli Enti riconosciuti come legittimati ad agire ai sensi del Decreto del P.d.R. del 21 giugno 2007.
  • Quando il lavoratore ricorrente fornisce elementi di fatto, desunti anche da dati di carattere statistico, dai quali si può presumere l’esistenza di atti, patti o comportamenti discriminatori, spetta al convenuto (=il datore di lavoro) l’onere di provare l’insussistenza della discriminazione. (NB: I dati di carattere statistico possono essere relativi anche all’azienda interessata).
  • Con l’ordinanza che definisce il giudizio il giudice può:
    • Condannare il datore al risarcimento del danno (anche non patrimoniale); e
    • Ordinare la cessazione della condotta/comportamento/atto discriminatorio, adottando ogni altro provvedimento idoneo a rimuoverne gli effetti (anche nei confronti della PA).
    • Eventualmente, ordinare la pubblicazione del provvedimento su un quotidiano di tiratura nazionale(per una sola volta e a spese del datore)
    • Eventualmente, ordinare di adottare un piano di rimozione delle discriminazioni accertate (entro il termine ivi previsto), al fine di impedire la ripetizione delle discriminazioni.

Qual è il potere conferito alle Associazioni e agli Enti riconosciuti legittimati ad agire?

Il D.P.R. del 21 giugno 2007 ha conferito, alle Associazioni ed Enti riconosciuti in quanto rispondenti ai requisiti oggettivi e secondo le modalità indicate:

  • la legittimazione ad agire in nome e per conto di un soggetto disabile discriminato, oppure
  • la legittimazione ad agire in nome e per conto di un soggetto disabile, oppure
  • la legittimazione ad agire in via collettiva,

e ciò senza che si sia verificato un pregiudizio o sia stata lesa una specifica posizione giuridica di singoli disabili.

Con successivo Decreto del 30 aprile 2008, è stato istituito un elenco di tali Enti e Associazioni.

Come viene tutelato invece un lavoratore che si deve occupare di una persona disabile (es: congiunto, figlio, etc)?

Le azioni a difesa della persona con disabilità possono essere svolte anche dal lavoratore parente o congiunto, che si avvale dei benefici di cui alla L. 104/1992. Ciò in quanto il beneficio è posto a tutela della persona con disabilità ed ogni violazione lede i diritti dello stesso – anche quando colpisca il parente / congiunto che non presenti nessuna disabilità. Tale principio è stato avvalorato anche dai tribunali italiani ed europei – qui si riportano alcune sentenze:

  • Pavia, 19 settembre 2009 (CAREGIVER) : Il periodo di aspettativa senza retribuzione usufruito ai sensi dell’art. 4, comma 2, l. 8 marzo 2000 n. 53, al fine di accudire un parente affetto da grave disabilità, deve essere computato nell’anzianità di servizio; la disposizione di legge che espressamente esclude ale commutabilità deve essere infatti disapplicata per contrasto con la Direttiva 2000/78, come interpretata dalla Corte di Giustizia nella sentenza “Coleman”, in forza della quale il divieto di discriminazione per ragioni di disabilità si applica non solo al disabile stesso, ma anche a colui che presta in suo favore parte essenziale delle cure.
  • Corte di Giustizia UE, grande sezione, 17 luglio 2008, n. 303 – UNIONE EUROPEA – CE – politica sociale : La direttiva del Consiglio 27 novembre 2000, C-2000/78/Ce, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro e, in particolare, i suoi arte. 1 e 2, n. 1 e 2 lett. a), devono essere interpretati nel senso che il divieto di discriminazione diretta ivi previsto non è limitato alle sole persone che siano esse stesse disabili. Conseguentemente qualora un datore di lavoro tratti un lavoratore, che non sia esso stesso disabile, in modo meno favorevole rispetto al modo in cui è, è stato o sarebbe trattato un altro lavoratore in una situazione analoga, e sia provato che il trattamento sfavorevole di cui tale lavoratore è vittima è causato dalla disabilità del figlio, al quale presta la parte essenziale delle cure di cui quest’ultimo ha bisogno, un siffatto trattamento viola il divieto di discriminazione diretta enunciato al detto art. 2, n.2, lett. a).

Pertanto, il lavoratore che viene discriminato per tali motivi, può ricorrere agli strumenti processuali previsti per la tutela anti-discriminatoria.

NORMATIVA SULLE DISCRIMINAZIONI

NORMATIVA INTERNAZIONALE

CONVENZIONE ONU SUI DIRITTI DELLE PERSONE CON DISABILITÀ

  • Gli Stati che ratificano la Convenzione hanno l’obbligo di eliminare le discriminazioni fondate sulla disabilità.
  • Secondo tale Convenzione: “per discriminazione fondata sulla disabilità si intende qualsivoglia distinzione, esclusione o restrizione sulla base della disabilità che abbia lo scopo o l’effetto di pregiudicare o annullare il riconoscimento, il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in qualsiasi altro campo. Essa include ogni forma di discriminazione, compreso il rifiuto di un accomodamento ragionevole”.

NORMATIVA EUROPEA

DIRETTIVA 2000/78/CE DEL CONSIGLIO del 27 novembre 2000 che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – recepita in Italia con D.lgs n. 216/03

NORMATIVA NAZIONALE

DECRETO LEGISLATIVO N. 216/2003

  • Il D.Lgs. 216/2003 stabilisce il divieto di discriminare sia nel settore pubblico che in quello privato. Le aree sono specificatamente individuate:
  • accesso all’occupazione ed al lavoro (sia autonomo che dipendente) – compresi:
    • criteri di selezione
    • condizioni di assunzione
  • l’occupazione e le condizioni di lavoro – compresi:
    • avanzamenti di carriera
    • retribuzione
    • condizioni di licenziamento
    • accesso a orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale di tutti i tipi
    • l’affiliazione e l’attività svolta nell’ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di organizzazioni professionali, e le prestazioni erogate dalle medesime affiliazioni
    • la protezione sociale, inclusa la sicurezza sociale
  • L’art. 2 individua una nozione di discriminazione piuttosto ampia, che comprende:
  • la discriminazione DIRETTA
  • la discriminazione INDIRETTA
  • le MOLESTIE, ossia quei comportamenti indesiderati, posti in essere per i suddetti motivi, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante e offensivo.

GIURISPRUDENZA in tema di DISCRIMINAZIONI

Riportiamo qui di seguito alcune sentenze rilevanti in tema di discriminazione emesse dai Tribunali italiani:

  • Trasferimenti e scelta di sede
    • Tribunale Pistoia 3 dicembre 2005 (scelta della sede): “escluso che il dipendente possa scegliersi l’ufficio al quale essere assegnato, va a maggior ragione escluso che il diniego di applicazione all’ufficio preferito, soprattutto se accompagnato all’individuazione di una sede (Pistoia) comunque gradita e all’allontanamento da un ufficio rispetto al quale sono palesati motivi di insoddisfazione, integri una fattispecie di discriminazione”
  • Mancata progressione di carriera
    • Tribunale Asti 5 marzo 2008 (progressione carriera): Ha riconosciuto un comportamento discriminatorio a danno di un funzionario pubblico presso l’archivio di Stato di Asti, commesso da un ispettore del Ministero delle finanze che nella sua relazione di verifica lo ha ritenuto inidoneo al ruolo di responsabile di ufficio in ragione del suo handicap fisico (il ricorrente si muoveva con sedia a rotelle)
    • Tribunale Napoli 29 dicembre 2008 (lavoro straordinario e nomine a cariche di responsabilità̀): Il caso riguardava alcuni fisioterapisti non vedenti che non erano mai stati nominati “referenti” (ruolo di coordinamento di gruppi di fisioterapisti, remunerato con una particolare indennità), ed ai quali non era consentito effettuare turni pomeridiani di lavoro straordinario, a differenza dei fisioterapisti vedenti in servizio presso la stessa struttura dell’ASL. Il Tribunale ha dichiarato (indirettamente) discriminatorio il comportamento dell’ASL soltanto in relazione alla mancata nomina di uno o più dei ricorrenti a “referenti.
    • Tribunale Pavia 19 settembre 2009 (progressione carriera): La disposizione di legge (art. 4,comma 2, L. 53/2000) che espressamente esclude la computabilità, nell’anzianità di servizio, del periodo di aspettativa non retribuita usufruito dal lavoratore per accudire un parente disabile, costituisce una discriminazione diretta, non sorretta da alcuna finalità legittima e giustificabile; pertanto deve essere disapplicata per contrasto con la Direttiva 2000/78, come interpretata dalla CGUE nella sentenza Coleman, in forza della quale il divieto di discriminazione per ragioni di disabilità si applica non solo al disabile stesso, ma anche a colui che presta in suo favore la parte essenziale delle cure
    • Tribunale Napoli 31 maggio 2012 (carriera): Integra una discriminazione indiretta in ragione della disabilità il comportamento di una pubblica amministrazione che, dopo aver bandito tra i dipendenti una selezione per progressione orizzontale, preveda quale unico modo di accedere alla procedura quello informatico, con ciò rendendo impossibile la trasmissione della domanda da parte di un lavoratore non vedente
    • – E’ compito del datore di lavoro adottare atti volti a rimuovere gli ostacoli alla effettiva parità di trattamento come prevede l’art. 5 della Direttiva 78. Il non aver adottato azioni positive per tenere conto dei bisogni del lavoratore pcd costituisce dunque una discriminazione indiretta.

ACCESSIBILITA’ DIGITALE – QUADRO NORMATIVO

NORMATIVA INTERNAZIONALE

  • Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità (di seguito per brevità la “Convenzione ONU”) – la Convenzione ONU ha un ruolo fondamentale rispetto all’accessibilità informatica e digitale; essa infatti introduce, per la prima volta, un nuovo concetto di accessibilità strettamente collegato al bisogno di rendere le nuove tecnologie informatiche e telematiche accessibili a tutti. Il principio di accessibilità in particolare è menzionato:
    • nel Preambolo alla Convenzione ONU: la lettera (v) riconosce “…l’importanza dell’accessibilità alle strutture fisiche, sociali, economiche e culturali, alla salute, all’istruzione, all’informazione e alla comunicazione, per consentire alle persone con disabilità di godere pienamente di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”.
    • nell’art. 3, nel quadro dei principi fondamentali: la lettera f) menziona infatti l’ “accessibilità” tra i principi della Convenzione;
    • nell’art. 9, espressamente dedicato all’accessibilità: dispone che:
      • comma 1: gli Stati parte debbano adottare misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, e ad altre attrezzature e servizi aperti o forniti al pubblico, sia nelle aree urbane che in quelle rurali – e che queste misure, che includono l’identificazione e l’eliminazione di ostacoli e barriere all’accessibilità, si applicano, tra l’altro, a:
        • (a) edifici, viabilità, trasporti e altre strutture interne ed esterne, comprese scuole, alloggi, strutture sanitarie e luoghi di lavoro;
        • (b) ai servizi di informazione, comunicazione e altri, compresi i servizi informatici e quelli di emergenza.
      • comma 2: gli Stati parte adottino misure adeguate per:
        • (f) promuovere altre forme idonee di assistenza e di sostegno a persone con disabilità per garantire il loro accesso all’informazione;
        • (g) promuovere l’accesso delle persone con disabilità alle nuove tecnologie ed ai sistemi di informazione e comunicazione, compreso internet;
        • (h) promuovere alle primissime fasi la progettazione, lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di tecnologie e sistemi di informazione e comunicazione, in modo che tali tecnologie e sistemi divengano accessibili al minor costo.
      • nell’art. 21, dedicato all’accessibilità dei mezzi di comunicazione: tale norma dispone che gli Stati parte adottino le misure adeguate per garantire il diritto alla libertà di espressione e di opinione (compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con altri, e attraverso ogni forma di comunicazione), provvedendo in particolare a:
        • (a) mettere a disposizione delle persone con disabilità le informazioni destinate al grande pubblico in forme accessibili e mediante tecnologie adeguate ai differenti tipi di disabilità, tempestivamente e senza costi aggiuntivi;
        • (b) accettare e facilitare nelle attività ufficiali il ricorso da parte delle persone con disabilità, alla lingua dei segni, al Braille, alle comunicazioni aumentative ed alternative e ad ogni altro mezzo, modalità e sistema accessibile di comunicazione di loro scelta;
        • (c) richiedere agli enti privati che offrono servizi al grande pubblico, anche attraverso internet, di fornire informazioni e servizi con sistemi accessibili e utilizzabili dalle persone con disabilità;
        • (d) incoraggiare i mass media, inclusi gli erogatori di informazione tramite internet, a rendere i loro servizi accessibili alle persone con disabilità;
        • (e) riconoscere e promuovere l’uso della lingua dei segni.
      • nell’art. 30, dedicato all’accesso ai prodotti e ai beni culturali (tra i quali sono inclusi i programmi televisivi): la norma infatti dispone che gli Stati parte adottino le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità abbiano accesso:
        • a) ai prodotti culturali in formati accessibili;
        • a programmi televisivi, film, spettacoli teatrali e altre attività culturali, in formati accessibili.
  • Commento Generale all’art. 9 “Accessibilità” (General Comment on Article 9 “Accessibility”) – Commento reso dal Comitato per la tutela delle persone con disabilità, aprile 2014[1]. Esso ha chiarito la natura giuridica dell’art. 9 della Convenzione ONU – dedicato all’accessibilità – e ha evidenziato la centralità dell’aspetto connesso all’accessibilità delle nuove tecnologie informatiche e di internet. Esso guarda all’accessibilità del web e dell’ICT nell’ottica di una produzione e progettazione accessibili ancorate a standard minimi comuni, e stabilendo che gli Stati Parti:
    • devono adottare standard nazionali di accessibilità, cui ispirarsi;
    • dovrebbero assicurare che tutti i prodotti e servizi di nuova produzione siano pienamente accessibili alle persone con disabilità;
    • dovrebbero procedere ad una revisione complessiva della propria normativa nazionale in tema di accessibilità.
  • Standard accessibilità siti web (WCAG 2.1) – Standard del W3C “Web Content Accessibility Guidelines (WCAG)” (la versione attuale è la 2.1, aggiornata al 5 giugno 2018).

NORMATIVA EUROPEA

  • Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (2012/C 326/02) – La Carta dei diritti fondamentali elenca i diritti fondamentali che l’Unione e gli Stati membri devono rispettare nell’attuazione del diritto dell’UE. È uno strumento giuridicamente vincolante, adottato al fine di riconoscere espressamente il ruolo dei diritti fondamentali nell’ordinamento giuridico dell’Unione e per dare visibilità a tale ruolo; il Trattato di Lisbona l’ha infatti inclusa sotto forma di allegato, conferendole così carattere giuridicamente vincolante all’interno dell’ordinamento dell’Unione[2]. Secondo quanto disposto dall’art. 6: “L’Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati”. Tutte le Istituzioni dell’Unione, nelle loro azioni o iniziative legislative, devono pertanto ora tener conto dei diritti civili, politici, ed economici e sociali dei cittadini europei. Tra i diritti riconosciuti espressamente dalla Carta:
    • Non discriminazione – l’art. 21 vieta ogni forma di discriminazione fondata su, inter alia, la disabilità.
    • Inserimento delle persone con disabilità – l’art. 26 dispone che “L’Unione riconosce e rispetta il diritto delle persone con disabilità di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia, l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità”.
    • Diritto di accesso ai documenti – l’art. 42 dispone che “Ogni cittadino dell’Unione nonché ogni persona fisica o giuridica che risieda o abbia la sede sociale in uno Stato membro ha il diritto di accedere ai documenti delle istituzioni, organi e organismi dell’Unione, a prescindere dal loro supporto”.
    • Protezione dei consumatori – l’art. 38 dispone che: “Nelle politiche dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione dei consumatori”.
  • Accessibilità del web (Web Accessibility Directive) – Direttiva (UE) n. 2016/2102 sull’accessibilità del web – contiene per la prima volta una definizione del termine “accessibilità”. In particolare, il Considerando 2 della Direttiva stabilisce che: “Nel contesto della presente direttiva il concetto di accessibilità dovrebbe essere inteso come principi e tecniche da rispettare nella progettazione, nella costruzione, nella manutenzione e nell’aggiornamento di siti internet e di applicazioni mobili per rendere il loro contenuto più accessibile agli utenti, in particolare alle persone con disabilità.”
  • Standard tecnici – Norma europea EN 301 549 V1.1.2 (Accessibility requirements suitable for public procurement of ICT products and services in Europe (2015-04) [Norma europea EN 301 549 V1.1.2 (2015-04)]
  • Direttiva SMAV (AudioVisual Media Services Directive) – Direttiva (UE) n. 2018/1808 del 14 novembre 2018 recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi). Prevede l’obbligo per i broadcaster di incrementare l’accessibilità dei contenuti dei media audio-visivi. La legislazione rivista si applicherà alle emittenti radio e TV, alle piattaforme di video on demand (ad esempio Netflix, Amazon Video, Google Play, iTunes), a quelle di condivisione di video, come YouTube o Facebook, nonché allo streaming in diretta.
  • Scopo della Direttiva: Già la precedente Direttiva (UE) n. 2010/13 sui servizi media audiovisivi puntava a creare e garantire il corretto funzionamento di un mercato unico dell’Unione Europea per i servizi di media audiovisivi, contribuendo nel contempo alla promozione della diversità culturale e fornendo un livello adeguato di protezione dei consumatori e dei minori. La successiva Direttiva (UE) n. 2018/1808 modifica e aggiorna la direttiva del 2010 nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale, al fine di:
    • Estendere alcune regole audiovisive alle piattaforme di condivisione video e ai contenuti audiovisivi condivisi su determinati servizi di social media;
    • introdurre flessibilità sulle restrizioni applicabili alle trasmissioni televisive;
    • rafforzare la promozione dei contenuti europei;
    • proteggere i bambini e affrontare il tema dell’odio in modo più efficace;
    • rafforzare l’indipendenza delle autorità nazionali di regolamentazione.

Tra le novità apportate, il nuovo testo della Direttiva introduce significativi miglioramenti alle disposizioni contenute nell’art.7, dedicato all’accessibilità, oltre a nuove disposizioni in tema di discriminazione delle pubblicità (art. 9) e incitamento all’odio (art. 28-ter).

  • Ambito di applicazione – Punti chiave: riportiamo di seguito brevemente le principali novità introdotte dalla Direttiva:
    • Accessibilità: rispetto a quanto disposto dalla Direttiva del 2010[3], con la Direttiva (UE) n. 2018/1808 vi è un rafforzamento delle disposizioni concernenti l’accessibilità dei servizi media audiovisivi[4]. Le differenze principali possono essere riassunte come segue:
      • Obbligo di accessibilità – la Direttiva del 2010 si limitava a disporre che gli Stati Membri incoraggiassero i fornitori di servizi media a rendere gradualmente accessibili i propri servizi media audio-visivi alle persone con disabilità (riferendosi esplicitamente per altro alle sole disabilità visiva e uditiva). Con il nuovo testo invece gli Stati Membri hanno l’obbligo di assicurare che canali televisivi pubblici e privati, così come piattaforme di video-on-demand, rendano i propri servizi continuamente e progressivamente accessibili, attraverso misure proporzionate. I mezzi includono inter alia: utilizzo di interpreti di lingua dei segni, sottotitoli per non udenti, sottotitoli parlati, descrizioni audio, etc.
      • Reporting – la nuova Direttiva impone agli Stati Membri di assicurare che i fornitori di servizi media audio-visivi riportino su base regolare alle autorità amministrative nazionali competenti lo status di avanzamento dell’implementazione di misure atte a rendere i propri servizi accessibili alle persone con disabilità. Gli Stati Membri a loro volta dovranno riportare lo status di implementazione della Direttiva alla Commissione Europea entro il 19 dicembre 2022 e, successivamente, ogni tre anni.
      • Piani di azione sull’accessibilità – si prevede che gli Stati Membri incoraggino i fornitori di servizi media a sviluppare piani d’azione sull’accessibilità per rendere costantemente e progressivamente più accessibili i propri servizi, da comunicare alle autorità / organismi nazionali di regolamentazione.
      • Punto di contatto per info e reclami – ogni Stato Membro deve designare un unico punto di contatto online (rigorosamente accessibile e pubblico) per fornire informazioni e raccogliere reclami sulle questioni relative all’accessibilità dei servizi media audiovisivi.
      • Informazioni di emergenza – l’obbligo di accessibilità riguarda anche le “informazioni di emergenza” (inclusi comunicati e annunci pubblici in situazioni di catastrofi naturali), che gli Stati Membri sono obbligati a rendere in misura accessibile anche alle persone con disabilità nel momento in cui tali informazioni vengano fornite attraverso media audio-visivi.
    • Non-discriminazione delle comunicazioni commerciali audiovisive – gli Stati Membri hanno l’obbligo di assicurare che le comunicazioni commerciali audiovisive fornite dai fornitori di servizi di media, inter alia, “…non pregiudichino il rispetto della dignità umana” e “non comportino né promuovano discriminazioni fondate su sesso, razza o origine etnica, nazionalità, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale” (cfr. art. 9). Tali misure devono essere applicate anche dai fornitori di servizi su piattaforme di condivisione video, tenendo conto del controllo limitato che possono esercitare sulla pubblicità sulle loro piattaforme che non sono commercializzate, vendute o organizzate da loro (cfr. art. 28-ter).
    • Discorsi di incitamento all’odio – i servizi di media audiovisivi non devono contenere incitamento alla violenza o all’odio nei confronti di gruppi o membri di un gruppo sulla base di discriminazioni fondate su motivi quali sesso, razza, colore, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, politiche o altra opinione, appartenenza a una minoranza nazionale, proprietà, nascita, disabilità, età, orientamento sessuale o nazionalità, ai sensi dell’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (cfr. art. 28-ter).
    • Autorità / Organismo nazionale di regolamentazione – è previsto (cfr. art. 30) che ciascuno Stato Membro designi una o più autorità, organismi nazionali di regolamentazione o entrambi, di cui sia assicurata l’indipendenza giuridica dal governo e l’indipendenza funzionale dai rispettivi governi e da qualsiasi altro organismo pubblico o privato, che esercitino i loro poteri per quanto riguarda, inter alia, “… al pluralismo dei media, alla diversità culturale e linguistica, alla tutela dei consumatori, all’accessibilità, alla non discriminazione…”, definendone competenze e poteri nell’ordinamento giuridico e assicurando che dispongano delle adeguate risorse finanziarie e umane.
  • Entrata in vigore: La Direttiva si applica dal 18 dicembre 2018 e deve diventare legge nei vari Stati Membri dell’UE entro il 19 settembre 2020. Qui di seguito riportiamo brevemente le scadenze previste per l’implementazione della direttiva e dei suoi obblighi:
    • 19 settembre 2020: termine per l’implementazione della Direttiva nei vari Stati Membri.
    • 19 dicembre 2022: termine per la sottomissione del primo Report sull’implementazione degli obblighi di accessibilità di cui all’art. 7, comma 1, della Direttiva da parte dei singoli Stati Membri alla Commissione Europea. Tale report andrà poi presentato successivamente ogni 3 anni.
    • 19 dicembre 2022: termine entro il quale la Commissione Europea deve a sua volta emanare il primo Report sullo stato di attuazione della Direttiva. Tale report andrà poi presentato successivamente ogni 3 anni.
    • 19 dicembre 2026: termine entro il quale la Commissione Europea deve analizzare l’impatto della Direttiva ed il suo valore aggiunto, insieme ad eventuali proposte per la sua revisione.
  • Status di attuazione: L’implementazione della Direttiva in Italia è prevista dal pacchetto di adeguamento alla normativa comunitaria.
  • Criticità da tenere a mente per la sua trasposizione in Italia: la Direttiva è una direttiva di cd. “armonizzazione minima”, che quindi stabilisce solo i requisiti minimi assoluti cui gli Stati Membri si dovranno adeguare, senza dettagliare come adeguarsi agli stessi. Qui alcune criticità da tenere a mente per la sua trasposizione nell’ordinamento nazionale Italiano:
    • Misure proporzionate”: nella Direttiva non è contenuto alcun dettaglio su cosa si intenda per “misure proporzionate”, che andrà pertanto dettagliato meglio a livello nazionale.
    • “Adeguamenti costanti e progressivi”: la Direttiva richiede adeguamenti costanti e progressivi alle nuove norme in tema di accessibilità da parte dei destinatari, senza però dettagliare come e secondo quali tempistiche.
    • “Rendere più accessibili i servizi forniti alle persone con disabilità”
  • Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche – Direttiva (UE) n. 2018/1972 dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche
    • Scopo della direttiva: istituisce un quadro normativo armonizzato per la disciplina delle reti di comunicazione elettronica, dei servizi di comunicazione elettronica, delle risorse e dei servizi correlati e per taluni aspetti delle apparecchiature terminali. Tra gli obbiettivi, vi è anche quello di garantire un livello di protezione degli utenti elevato e uniforme, rispondendo alle esigenze di gruppi sociali specifici, in particolare utenti finali con disabilità (cfr. art. 3, comma 2, lett. d) –
    • Ambito di applicazione – Punti chiave: per quanto riguarda l’accessibilità:
      • Consultazione: i consumatori e gli utenti con disabilità dovranno essere consultati sui servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico, e dovrà essere garantito un meccanismo di consultazione accessibile per gli utenti con disabilità (cfr. art. 24, comma 1).
      • Servizio universale: i consumatori con disabilità devono ricevere sostegno adeguato e devono essere messi a disposizione apparecchiature terminali, attrezzature e servizi specifici che promuovono un accesso equivalente (cfr. art. 85, comma 4).
      • Sportelli telefonici per assistenza a minori e minori scomparsi: garantire l’accessibilità ai servizi del numero “116000”.
      • Obblighi di informazione applicabili ai contratti: su richiesta, le informazioni devono essere fornite in un formato accessibile.
      • Trasparenza, confronto delle offerte e pubblicazione delle informazioni: qualora i fornitori di i fornitori di servizi di accesso a internet o di comunicazione interpersonale accessibili al pubblico assoggettino la fornitura di tali servizi a termini e condizioni, le autorità competenti (in coordinamento, se del caso, con le autorità nazionali di regolamentazione) provvedono affinché informazioni (di cui all’allegato IX) dovranno essere rese in formato accessibile per gli utenti con disabilità (cfr. art. 103, comma 1).
      • Qualità dei servizi relativi all’accesso a internet e dei servizi di comunicazione interpersonale accessibili al pubblico: le autorità nazionali di regolamentazione in coordinamento con le altre autorità competenti possono prescrivere ai fornitori di servizi di accesso a internet e di servizi di comunicazione interpersonale accessibili al pubblico di pubblicare, a uso degli utenti finali informazioni complete, comparabili, attendibili, di facile consultazione e aggiornate sulla qualità dei servizi offerti, nella misura in cui controllino almeno alcuni elementi della rete direttamente o in virtù di un accordo sul livello dei servizi a tal fine, e sulle misure adottate per assicurare un accesso equivalente per gli utenti finali con disabilità (cfr. art. 104, comma 1)
      • Comunicazioni di emergenza e numero unico di emergenza europeo: l’accesso per gli utenti con disabilità ai servizi di emergenza deve essere disponibile tramite le comunicazioni di emergenza ed equivalente a quello degli altri utenti finali conformemente al diritto dell’Unione che armonizza i requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi. La Commissione e le autorità nazionali di regolamentazione o le altre autorità competenti adottano misure adeguate per assicurare che, mentre viaggiano in un altro Stato membro, gli utenti finali con disabilità possano accedere ai servizi di emergenza su un piano di parità con altri utenti finali, ove possibile senza alcuna preregistrazione (cd. l’interoperabilità tra gli Stati membri) e si basano quanto più possibile sulle norme o specifiche europee stabilite conformemente all’articolo 39. Tali misure non impediscono agli Stati membri di adottare ulteriori prescrizioni al fine di perseguire gli obiettivi di cui al presente articolo (cfr. art. 109, comma 5). Per quanto riguarda il 112, gli utenti devono essere informati della sua esistenza e delle sue funzioni di accessibilità, anche con iniziative rivolte particolarmente a utenti con disabilità, fornendo tutte le informazioni in un formato accessibile (cfr. art. 109, comma 7).
      • Accesso e scelta equivalenti: gli utenti con disabilità devono avere accesso ai servizi di comunicazione elettronica e alle relative informazioni contrattuali, beneficiando della gamma di imprese e servizi a disposizione per tutti. Le autorità competenti devono specificare le prescrizioni da rispettare da parte dei fornitori di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico affinché ciò sia possibile (cfr. art. 111).
      • Obblighi di trasmissione: gli Stati membri possono imporre obblighi di trasmissione ragionevoli, per la trasmissione di specifici canali radiofonici e televisivi e servizi complementari correlati, specialmente servizi di accessibilità destinati a consentire un accesso adeguato agli utenti finali con disabilità e dati a supporto di servizi di televisione connessa ed EPG, alle imprese soggette alla loro giurisdizione che forniscono reti e servizi di comunicazione elettronica destinate alla distribuzione di servizi di diffusione televisiva o radiofonica al pubblico, se un numero significativo di utenti finali di tali reti e servizi li utilizza come mezzo principale di ricezione di tali servizi televisivi o radiofonici. Tali obblighi sono imposti solo se necessari a soddisfare precisi obiettivi di interesse generale, definiti in modo chiaro da ciascuno Stato membro, e se sono proporzionati e trasparenti. Gli Stati Membri possono anche prevedere un appropriato indennizzo – a patto che non sia discriminatorio (cfr. art. 114).
      • Norme tecniche:
        • ALLEGATO VIII: informazioni dettagliate su prodotti e servizi destinati a utenti finali con disabilità e su come possono essere ottenuti gli aggiornamenti di tali informazioni;
        • ALLEGATO IX: informazioni dettagliate su prodotti e servizi, incluse le funzioni, prassi, strategie e procedure nonché le modifiche nel funzionamento del servizio, destinati specificamente agli utenti finali con disabilità in conformità del diritto dell’Unione che armonizza i requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi.
      • Entrata in vigore & termini di recepimento: il termine di recepimento scadeva il 21 dicembre 2020. In aggiunta, la Direttiva prevede:
        • che entro il 21 dicembre 2019 gli Stati membri sottopongono a riesame gli obblighi di trasmissione, tranne nei casi in cui abbiano effettuato tale riesame nel corso dei quattro anni precedenti. Tale obbligo andrà ripetuto successivamente ogni 5 anni.
        • il 21 giugno 2020 come termine per il BEREC[5] per adottare linee guida che descrivono i parametri pertinenti di qualità del servizio, compresi i parametri pertinenti per gli utenti finali con disabilità (cfr. art. 104, comma 2)
      • Status di attuazione: non ancora iniziato. La Commissione Ue ha avviato la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia per il mancato recepimento del nuovo Codice delle Comunicazioni Elettroniche.
  • Atto Europeo dell’Accessibilità (European Accessibility Act) – Direttiva (UE) n. 2019/882 del 17 aprile 2019 “sui requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi”., che obbligherà i produttori a rendere accessibili tutti i prodotti e servizi immessi sul mercato europeo e dunque, anche gli apparati sopra descritti.
    • Scopo della direttiva: stabilire dei requisiti minimi di accessibilità per alcuni prodotti e servizi, rafforzando il diritto delle persone con disabilità ad avere accesso a prodotti e servizi disponibili nel mercato interno dell’Unione Europea.
    • Ambito di applicazione – Punti chiave: una serie di prodotti e servizi, progettati e commercializzati all’interno dell’Unione Europea, tra i quali, per quanto qui di interesse:
      • i “prodotti o servizi che consentono accesso a servizi di media audiovisivi”, quali per esempio siti web, app e le guide elettroniche ai programmi (electronic programme guides – EPG); e
      • i servizi telefonici e audiovisivi [6].
    • Entrata in vigore & termini di recepimento: L’Atto è entrato in vigore il 27 Giugno 2019, data a partire dalla quale gli Stati Membri hanno 3 anni per implementarlo nel proprio ordinamento nazionale (il testo della normativa nazionale dovrà essere comunicato alla Commissione Europea). Qui di seguito riportiamo brevemente le scadenze previste per l’implementazione dell’Atto e dei suoi obblighi:
      • 28 giugno 2022: termine per l’implementazione dell’Atto nei vari Stati Membri. Il testo della normativa nazionale dovrà essere immediatamente comunicato alla Commissione.
      • 28 giugno 2025: termine per l’applicazione di tali misure da parte degli Stati Membri.
      • 28 giugno 2027: termine entro il quale gli Stati Membri devono assicurare l’accessibilità del sistema di risposta delle comunicazioni di emergenza al numero singolo Europeo “112”.
      • 28 giugno 2030: termine ultimo del “periodo transitorio” entro il quale i fornitori di servizi possono continuare a prestare i loro servizi utilizzando prodotti che utilizzavano in modo legittimo prima di tale data per fornire servizi analoghi.
      • 28 giugno 2030: termine entro il quale la Commissione Europea deve pubblicare il primo Report sull’applicazione dell’Atto. La reportistica dovrà essere poi fatta ogni 5 anni.
      • 28 giugno 2045: termine ultimo disponibile per utilizzare terminali non accessibili. I servizi potranno continuare ad usare terminali non accessibili in uso prima del 28 giugno 2025 fino alla fine della vita economica utile di tali terminali, ma per non più di 20 anni dopo aver iniziato a usare tali terminali.
    • Status di attuazione: non ancora iniziato.
  • Legge sui Servizi Digitali (Digital Services Act) – Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio, relativo a un mercato unico dei servizi digitali (legge sui servizi digitali) e che modifica la direttiva 2000/31/CE (attualmente solo in bozza).
    • RELAZIONE: La Relazione che accompagna la Proposta di legge sui Servizi Digitali, al punto 3 (“Risultati della valutazione ex post, delle consultazioni dei portatori di interessi e delle valutazioni d’impatto”), contiene un paragrafo dedicato “Diritti Fondamentali”, nel quale si fa riferimento esplicito, inter alia, [7]:
      • alla circostanza che la proposta attenuerà il rischio che la libertà di espressione venga bloccata per errore o in modo ingiustificato, affronterà gli effetti dissuasivi su tale libertà e promuoverà la libertà di ricevere informazioni e manifestare opinioni;
      • alla circostanza che le persone con disabilità possano essere più vulnerabili o svantaggiate nell’uso dei servizi online;
      • alla circostanza che la proposta attenuerà i rischi di discriminazione e contribuirà a proteggere i diritti dei minori e il diritto alla dignità umana online.

Tuttavia, si dispone che la proposta imporrà unicamente la rimozione dei contenuti illegali e comporterà garanzie obbligatorie in caso di rimozione delle informazioni degli utenti, pertanto sembrando restringere il proprio campo di azione anche con rispetto all’incidenza sulla discriminazione delle persone con disabilità nell’accesso ai servizi digitali

  • TESTO: nel testo della proposta viene fatto più volte rifermento all’ “accessibilità”, la quale però ad una prima disamina non sembra essere intesa con riferimento al diritto di accessibilità di cui godono le persone con disabilità, quanto piuttosto ad un utilizzo di tale termine come sinonimo di “disponibilità” e “facilità di accesso” generico. Il testo per latro non contiene invece alcun riferimento al termine “disabilità”.
  • Strategia Europea per i diritti delle persone con disabilità 2021 – 2030, cd. “Unione di Uguaglianza” – Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 3 marzo 2021 (COM(2021) 101 final), che riporta la strategia adottata dall’Unione Europea per i diritti delle persone con disabilità per gli anni 2021-2030. Il paragrafo 2 è dedicato all’Accessibilità, tra cui anche l’accessibilità “(…) alle tecnologie, alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), ai beni e servizi (…)”. Di seguito riportiamo le azioni più importanti in capo alla Commissione Europea:
    • Iniziativa “faro” – il Centro Europeo di Risorse “AccessibleEU”: nel 2022 la Commissione varerà il centro europeo “AccessibleEU”, che riunirà le autorità nazionali che si occupano di accessibilità, nonché esperti e professionisti di tutti i settori, per condividere buoen pratiche, offrire spunti per l’elaborazione di politiche e elaborare strumenti e norme per facilitarne l’attuazione.
    • Tecnologie assistive: entro il 2023, la Commissione Europea esaminerà il funzionamento del mercato interno delle tecnologie assistive per individuare gli ulteriori interventi necessari, (in quanto l’eterogeneità delle norme in materia di ammissibilità e certificazione dei prodotti nei vari Stati membri può danneggiare la competitività dei prezzi).
    • Strategia rafforzata UE per la P.A. digitale: nel 2021 integrerà anche l’accessibilità e l’inclusività , con focus su servizi pubblici digitali antropocentrici e di facile utilizzo in tutta Europa che rispondano alle esigenze e preferenze dei cittadini europei, comprese le esigenze delle persone con disabilità.
    • Trasporto (aereo / nave / gomma): nel 2021, in linea con la strategia per una mobilità sostenibile e intelligente, la Commissione effettuerà un riesame del quadro normativo sui diritti dei passeggeri, compresi i diritti delle persone con disabilità e a mobilità ridotta nel trasporto aereo, per vie navigabili e in autobus
    • Appalti pubblici – Formazione e orientamenti pratici: nel 2021 la Commissione:
      • fornirà̀ orientamenti pratici agli Stati membri per sostenere l’attuazione degli obblighi in materia di accessibilità̀ previsti dalla direttiva sugli appalti pubblici; e
      • promuoverà̀ la formazione degli acquirenti pubblici per l’acquisto di beni accessibili.
    • Valutazioni di impatto e attuazione di varie normative legate all’accessibilità: la Commissione nel decennio dovrà occuparsi di valutare l’impatto e la corretta attuazione di varie normative emanate in tema accessibilità, tra le quali:
      • Entro il 2022: accessibilità dei siti web e della app della P.A., per valutare se debba essere rivista per colmare eventuali lacune (es: ambito di applicazione, progressi tecnologici, coerenza con altre normative EU).

NORMATIVA NAZIONALE

  • Normativa di recepimento della Convenzione ONU – Legge 3 marzo 2009, n. 18, con cui il Parlamento ha autorizzato la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e del relativo protocollo opzionale sottoscritta dall’Italia il 30 marzo 2007. Oltre a recepire la Convenzione ONU, la norma, allo scopo di promuovere la piena integrazione delle persone con disabilità, in attuazione dei princìpi sanciti dalla Convenzione di cui all’articolo 1, nonché dei princìpi indicati nella legge 5 febbraio 1992, n. 104, istituisce, presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità.
  • Normativa sull’accessibilità dei siti web e delle app – comprende:
  • la Legge n. 4/2004 “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici” (cd. “Legge Stanca”)[8], come modificata:
    • dal D.Lgs. 106/2018, di recepimento della Direttiva UE 2016/2102 sull’accessibilità del web; e
    • dal Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76, recante “Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale” (20G00096), convertito con modificazioni dalla L. 11 settembre 2020, n. 120 (in S.O. n. 33, relativo alla G.U. 14/09/2020, n. 228), che ha esteso gli obblighi di accessibilità di siti web e app anche ai soggetti giuridici pubblici e privati che offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con  un  fatturato  medio, negli ultimi 3  anni  di  attività, superiore  a  500 milioni di euro, disponendo altresì la possibilità per AgID di applicare una  sanzione   amministrativa pecuniaria fino al 5% del fatturato[9].
  • le direttive e misure attuative (es. le Linee Guida emanate da Agid).
  • Normativa in tema di tutela antidiscriminatoria – Legge n. 67/2006, contenente “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”. Tale normativa viene per altro espressamente richiamata dalla Legge Stanca sull’accessibilità di siti web e app, come modificata dal D.L. n. 76/2020, convertito con modificazioni nella L. n.120/2020[10].
  • Secondo Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità – Adottato con Decreto del Presidente della Repubblica 12 ottobre 2017, contiene varie disposizioni sull’accessibilità – tra i quali:
  • LINEA DI INTERVENTO 2 – Vita Indipendente
    • AZIONE DUE: i servizi, interventi,  trasferimenti  che  non   riguardano   direttamente   la disabilità, ma che devono garantire attenzione e flessibilità  tali da  essere  fruibili  e  accessibili  anche  a  tutte   persone   con disabilità.
  • LINE ADI INTERVENTO 4 – Inclusione scolastica e percorsi formativi.
    • AZIONE TRE: Migliorare l’accessibilità   delle   scuole   e   garantire   gli
    • accomodamenti ragionevoli.
  • LINEA DI INTERVENTO 6 – Promozione e attuazione dei principi di accessibilità e mobilità). Con specifico riguardo all’accessibilità digitale, viene rimarcato che “Indicazioni specifiche riguardano poi l’accessibilità dell’informazione a partire da quella delle Pubbliche Amministrazioni e si  promuove  la  diffusione  delle specifiche tecniche sulle postazioni di lavoro.”
    • AZIONE 4 (Area accessibilità dei servizi di P.A. (siti web, intranet, documenti, postazioni di lavoro): una serie di interventi di natura amministrativa operativa, tra cui:
      • Monitoraggio, raccolta dati e analisi per le specifiche tecniche sulle postazioni di lavoro;
      • Potenziamento delle attività di formazione tecnico-normativa; e
      • Aggiornamento della normativa nazionale.
    • AZIONE 6 (Area accessibilità ai beni storico-artistici e al patrimonio culturale): estendere il concetto di accesso ai beni storici-artistici a quello di accesso al “patrimonio culturale” ai luoghi, beni, contenuti e informazioni.
    • AZIONE 7 (Monitoraggio sull’applicazione dei principi in materia di accessibilità e mobilità)

[1] Esso ha, inter alia: a) chiarito la natura giuridica dell’art. 9 della Convenzione ONU quale obbligo alla cui attuazione sono tenuti gli Stati, e b) individuato i settori nell’ambito dei quali dovrebbero trovare applicazione gli standard minimi di accessibilità per prodotti e servizi offerti sul mercato, facendo espresso riferimento, tra gli altri, ai prodotti informatici e telematici.

[2] La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea fu proclamata solennemente a Nizza nel 2000 dal Parlamento, dal Consiglio e dalla Commissione. Dopo essere stata modificata, fu poi nuovamente proclamata nel 2007. La proclamazione solenne, tuttavia, non rese la Carta giuridicamente vincolante. L’adozione del progetto di Costituzione per l’Europa, sottoscritto nel 2004, avrebbe conferito alla Carta un carattere vincolante. Il fallimento del processo di ratifica ha fatto sì che la Carta rimanesse una mera dichiarazione di diritti sino all’adozione del trattato di Lisbona.

[3] Riportiamo qui di seguito il testo completo dell’art. 7 come originariamente contenuto nella Direttiva del 2010: “Gli Stati membri incoraggiano i fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione a garantire che i loro servizi diventino gradualmente accessibili per le persone con disabilità visiva o uditiva”.

[4] Riportiamo qui di seguito l’attuale testo completo dell’art. 7, come modificato dalla Direttiva del 2018:

“1. Gli Stati membri assicurano, senza indebito ritardo, che i servizi forniti dai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione siano resi costantemente e progressivamente più accessibili alle persone con disabilità, mediante misure proporzionate.

  1. Gli Stati membri assicurano che i fornitori di servizi di media riferiscano su base regolare alle autorità o agli organismi nazionali di regolamentazione in merito all’attuazione delle misure di cui al paragrafo 1. Entro il 19 dicembre 2022 e successivamente ogni tre anni, gli Stati membri presentano alla Commissione una relazione sull’attuazione del paragrafo 1.
  2. Gli Stati membri incoraggiano i fornitori di servizi di media a sviluppare piani d’azione sull’accessibilità finalizzati a rendere costantemente e progressivamente più accessibili i loro servizi alle persone con disabilità. Tali piani d’azione sono comunicati alle autorità o agli organismi nazionali di regolamentazione.
  3. Ciascuno Stato membro designa un unico punto di contatto online facilmente accessibile, anche per le persone con disabilità, e disponibile al pubblico per fornire informazioni e raccogliere reclami sulle questioni relative all’accessibilità di cui al presente articolo.
  4. Gli Stati membri assicurano che le informazioni di emergenza, inclusi i comunicati e gli annunci pubblici in situazioni di catastrofi naturali, messe a disposizione del pubblico mediante i servizi di media audiovisivi siano fornite in maniera accessibile alle persone con disabilità.”

[5] Organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elettroniche.

[6] Cfr. Considerando 31 della Direttiva: “Ai fini della presente direttiva, accesso a servizi di media audiovisivi dovrebbe significare che i servizi che forniscono accesso ai contenuti audiovisivi devono essere accessibili, come pure i meccanismi che consentono agli utenti con disabilità di utilizzare le loro tecnologie assistive. I servizi che forniscono accesso a servizi di media audiovisivi potrebbero comprendere siti web, applicazioni online, applicazioni basate su set-top box e scaricabili, servizi per dispositivi mobili, comprese le applicazioni mobili, e relativi lettori multimediali, nonché servizi di televisione connessa. L’accessibilità dei servizi di media audiovisivi è disciplinata dalla direttiva 2010/13/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (6), con l’eccezione dell’accessibilità alle guide elettroniche ai programmi (electronic programme guides — EPG) che sono comprese nella definizione di servizi che forniscono accesso a servizi di media audiovisivi a cui si applica la presente direttiva.”

[7] Cfr. sottoparagrafo 2 della sezione “Diritti Fondamentali”, di cui riportiamo di seguito il testo integrale: “La proposta di regolamento attenuerà il rischio che la libertà di espressione venga bloccata per errore o in modo ingiustificato, affronterà gli effetti dissuasivi su tale libertà e promuoverà la libertà di ricevere informazioni e manifestare opinioni, oltre a rafforzare le possibilità di ricorso a disposizione degli utenti. Determinati gruppi o individui possono essere vulnerabili o svantaggiati nell’uso dei servizi online per ragioni di genere, razza, origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Possono subire in misura sproporzionata gli effetti di restrizioni o provvedimenti di rimozione derivanti da distorsioni (consapevoli o inconsapevoli) potenzialmente introdotte nei sistemi di notifica da utenti e da terzi e replicati negli strumenti automatizzati di moderazione dei contenuti usati dalle piattaforme. La proposta attenuerà i rischi di discriminazione, in particolare per le persone o i gruppi citati, e contribuirà a proteggere i diritti dei minori e il diritto alla dignità umana online. La proposta imporrà unicamente la rimozione dei contenuti illegali e comporterà garanzie obbligatorie in caso di rimozione delle informazioni degli utenti, compresa la comunicazione di una motivazione all’utente, meccanismi di reclamo sostenuti dai prestatori di servizi nonché un meccanismo esterno di risoluzione extragiudiziale delle controversie. La proposta garantirà inoltre che i cittadini dell’UE siano tutelati anche quando utilizzano servizi offerti da prestatori non stabiliti nell’Unione ma attivi sul mercato interno, dal momento che anche tali prestatori sono contemplati dalla proposta.”.

[8] Anche la Legge n.4/2004 contiene una definizione di “accessibilità” – l’art.2, c.1, lett. a) dispone infatti che: “Accessibilità’”: la  capacità  dei  sistemi  informatici (ivi inclusi i siti web e le applicazioni mobili), nelle  forme  e nei limiti  consentiti  dalle  conoscenze  tecnologiche,  di  erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte  di  coloro  che  a  causa  di  disabilità  necessitano  di tecnologie assistive o configurazioni particolari”.

[9] Ciò in caso di inottemperanza alla diffida precedentemente inviata da AgID, a seguito di violazioni ravvisate degli obblighi di cui alla Legge Stanca da parte delle imprese.

[10] Tale norma infatti ha introdotto nel testo della Legge Stanca il nuovo articolo 1-bis, il quale dispone che: “L’inosservanza delle disposizioni della presente legge da  parte  dei soggetti  di  cui  all’articolo  3,  comma  1-bis,  e’  accertata   e sanzionata  dall’AgID,  fermo  restando  il  diritto   del   soggetto discriminato di agire ai sensi della legge 1° marzo 2006, n.  67.”

Grazie al contributo di:

lex4all